venerdì 29 febbraio 2008

Veltroni e i castelli di carta

Quando si vogliono avere informazioni davvero attendibili su qualcuno, la cosa migliore è chiederle ai suoi familiari, piuttosto che a persone che gli sono estranee. Basandomi su questo assioma, riporto questo articolo di Liberazione che fa un ritratto di Veltroni e del partito che sta costruendo, molto più attendibile di quelli che possiamo leggere su Il Giornale di Berlusconi.

Leggetelo e divertitevi! Ma non dimenticate che se Veltroni dovessere perdere "rovinosamente" e non solo "di stretta misura" le prossime elezioni, il castello che sta abilmente costruendo imploderà come quelli fatti con le carte da gioco, quando sono investiti da una improvvisa corrente d' aria.

LIBERAZIONE


La campagna elettorale di un uomo solo, per una politica sedata

Walter Veltroni, il Leader Ecumenico
da cui infine discende, il potere

Rina Gagliardi
Veltroni ha presentato ieri altri tre candidati del Pd - tre lavoratori, tra i quali l'unico operaio sopravvissuto alla strage della Thyssen Krupp. Bene. La logica è quella già nota: fare delle liste piddine una specie di "specchio fedele" della società, un trionfo delle "inclusioni" senza pregiudizi, una agorà ecumenica, irenica, interclassista come quasi nemmeno la Dc. Prima gli imprenditori, ovvero i giovani capitalisti, poi quelli che lavorano sotto padrone. Prima i cattolici, poi gli atei. Prima i giustizialisti, poi i garantisti. Un pizzico di gay. Molte donne, ma anche qualche grande vecchio. E' la filosofia, spiegata proprio nel corso dell'incontro con i cattolici, detta del "et-et". Ed è la sua concreta applicazione a liste elettorali che, secondo i politologi, andrebbero più correttamente definite come liste "pigliatutto". Ci torneremo tra qualche riga su questa curiosa comparsa di una formula latina (invece che in inglese). Intanto, va annotato lo stile di queste presentazioni: è sempre e soltanto lui, il Grande Walter, a gestire, giorno dopo giorno, con calcolo tempistico quasi scientifico, i "suoi" uomini e le "sue" donne. Selezione, apparizioni e agnizioni di particolare pregio, in quanto scelte personalmente da Lui e - se non abbiamo capito male - da Lui soltanto. Gli Eletti, in tutti i sensi. Ora, noi che seguiamo senza pregiudizi la campagna elettorale del Pd e il delinearsi progressivo della sua fisionomia programmatica e strategica, non dubitiamo, nient'affatto, della democraticità delle scelte che vengono compiute. Però la sensazione "di pelle" è proprio un'altra: che il Pd abbia risolto tutti i problemi e tutti i gravosi dilemmi connessi alla forma-partito identificandoli nel famoso Uomo Solo al Comando. Ogni tanto, è vero, si intravede il pallido e replicante Franceschini - e da un angolo del Tg spunta un D'Alema sempre più distaccato e rigido (Rosy Bindi, com'è noto, non viene nemmeno). Ma è sempre lui, Walter Veltroni, che fa tutto (e forse perfino il suo contrario): le alleanze, i programmi (con tanto di castrazione chimica per pedofili), gli slogan, E la definizione del parterre. Tutto questo in un partito così nuovo, che non ha fatto nemmeno un congresso di nascita. Ditemi voi, dove lo trovate un altro luogo della politica dove il Capo è così Capo? Ma, forse, questa è soltanto una conseguenza di quella formula latina: l'"et-et". Se continui a sommare, ad assemblare, ad accatastare tutto, idee e persone, se metti insieme il diavolo e l'acqua santa, come avrebbe detto mia nonna, alla fine rischi che l'effetto concreto sia solo un grandissimo caos. Se non la Sintesi, un po' di sintesi ci vuole: e l'unica sintesi possibile starà nel Leader, con la Elle maiuscola. Se la politica, che è sempre per definizione il momento delle scelte (sì, dell'aut-aut), queste scelte le rifiuta; se si scambia la verità parziale che sta sempre in ogni posizione e (quasi) in ogni proposta con una sorta di universalismo relativistico (e francamente un po' d'accatto), che cosa resta, alla fine, della politica come fucina di idee, come progetto, come strumento di trasformazione? Resta quasi soltanto il potere. E il Leader Ecumenico che lo distribuisce, con sapienza un po' comunicativa e un po' gastronomica. Ahimè, quanti danni hanno fatto il "pensiero debole" e perfino il pluralismo!
29/02/2008

giovedì 28 febbraio 2008

Anche I bookmakers tifano per Berlusconi!

Leggete, in fondo al post, le quotazioni dei bookmakers di Londra sull' esito elettorale!

Elezioni/ Sondaggio Dinamiche per Affari:
Berlusconi 43-44%
Veltroni 36-37%
Udc in calo, sale La Destra...
Giovedí 28.02.2008 11:40

"Il recupero del Partito Democratico sta proseguendo ma con una dinamica non più così accelerata come era due settimane fa. D'altronde, a un certo punto, c'è un processo di saturazione". Il direttore di Dinamiche Fabrizio Masia rivela in esclusiva ad Affari i risultati dell'ultima rilevazione sulle intenzioni di voto della società ex Nexus. "La percentuale della coalizione di Veltroni è 36-37%, circa un punto in più rispetto al precedente sondaggio. Lo schieramento che indica Berlusconi premier è attorno al 43-44% e ha subito un lieve decremento, anche se inferiore a un punto percentuale". In sostanza "il recupero di Veltroni ha registrato un rallentamento, del tutto fisiologico".

Passando alle singole forze politiche, "il Partito Democratico da solo è attorno al 33%, mentre il Popolo della Libertà si attesta al 38-39%. La Lega Nord è al 5,5%, in crescita quindi rispetto alle Politiche di due anni fa". E l'Udc? "Secondo la nostra ricerca si colloca tra il 5 e il 6%, non è in crescita anche se subisce dei cali non così significativi, dell'ordine di pochi decimali di punto. La Sinistra Arcobaleno è in lieve flessione, attorno all'8-8,5%. La Destra di Storace e Santanché è un partito che sta crescendo settimana dopo settimana". Supererà lo sbarramento del 4%? "E' difficile fare previsioni per un partito così nuovo, che attualmente vale circa il 2%".

E a livello di seggi? Che cosa accadrà al Senato considerando queste percentuali? "Non necessariamente si possono proiettare questi dati nazionali sui singoli territori, è complesso. Ma ci sono delle buone possibilità che la coalizione di Berlusconi abbia la maggioranza anche a Palazzo Madama. Ma se ci sarà, con questi numeri, non sarà molto consistente. Comunque bisogna vedere bene i numeri regione per regione. Il sondaggio è stato effettuato tre giorni fa. Il campione sono 2.000 casi e si tratta di interviste telefoniche". I bookmaker britannici non hanno dubbi: Silvio Berlusconi sarà il prossimo presidente del Consiglio. E' aumentato infatti il distacco tra Silvio Berlusconi e Walter Veltroni nelle quotazioni della società inglese Bestbetting. Se domenica 24 febbraio il 68% degli scommettitori aveva puntato sul leader del Pdl, oggi la quota è salita al 73% contro il 27% di Walter Veltroni. Il Cavaliere è dato a 1.46 mentre il leader del Partito Democratico a 4.00.

Affari Italiani

I poteri forti puntano all' inciucio

Leggetevelo attentamente questo articolo della Stampa. A giudicare dall' indirizzo mail, l' autore deve essere un professore della Bocconi, cioè di uno che "sta dalla parte giusta", cioè da quella dei poteri forti. Infatti, prende sul serio il programma di Veltroni! Vabbè, non è per questo che ve lo segnalo. La cosa interessante è che il prof. Bruni è convinto, ma guai a dirlo esplicitamente, che Veltroni perderà le elezioni e allora invoca l' inciucio. Insomma, se Veltroni dovesse vincere, avrebbe la capacità di governare da solo ma, se perdesse, allora servirebbe l' aiuto di Berlusconi!! Logico, no? Certo! Un governo bipartisan sarebbe comunque auspicabile per l' Italia? Se l' Italia fosse la Germania, sì. In quel paese i due grossi partiti credono entrambi alle regole del mercato e al capitalismo. In Italia, no. Uno dei due contendenti non ci crede affatto anche se, da qualche mese, finge il contrario. Se governassero insieme, succederebbe quel che è successo a Berlusconi quando ha governato con Casini e Fini: fronda continua in nome dello stato sociale e della concertazione coi sindacati! Risultato: non è cambiato niente! Ora Casini non c'è più e si spera che Fini, con la prospettiva di succedere a Berlusconi, la smetta di opporsi al liberalismo e alle liberalizzazioni.

La STAMPA.it
Domande e dubbi sul programma di Veltroni
FRANCO BRUNI

Sarà opportuno, più in là, cercare il pelo nell’uovo. Per ora è più utile constatare che il programma del Pd presentato lunedì è centrato con chiarezza sugli interventi strutturali dei quali l’Italia ha bisogno; e riflettere sulle difficoltà di realizzarlo.

Difficoltà economiche. Il programma cerca di rassicurare sul fronte della finanza pubblica. L’elenco delle «azioni di governo» comincia con la riduzione della spesa, insiste sulla lotta all’evasione, vuol ridurre il debito utilizzando il patrimonio delle pubbliche amministrazioni. Ci sono però tante promesse di riduzioni di imposta, variegati incentivi, numerose spese e misure preziose ma costose, come quelle per rendere sostenibile la flessibilità dell’occupazione. Nel migliore dei casi è un programma finanziariamente coraggioso, dove il Quintino Sella di turno dovrà usare rigore e farsi perdonare il cipiglio dimostrando che il governo, oltre a controllare la quantità della finanza, ne migliora la qualità. La congiuntura internazionale non aiuterà Quintino. Le previsioni continuano a peggiorare: oltre alla riduzione del gettito fiscale derivante dal rallentamento ciclico, c’è il pericolo di dover finanziare salvataggi eccezionali. Confortiamoci pensando che l’Italia va molto peggio della media europea e dunque, se un nuovo governo la sblocca, può crescere un filo di più anche se l’Europa rallenta. La quantificazione e la copertura degli oneri del programma vanno comunque chiarite al più presto.

Ci sono poi difficoltà politiche. Il programma pesta i piedi a gruppi di interesse agguerriti. Il che gli fa onore. Se l’elettorato riterrà che sia fattibile, potrebbero arrivare i voti per provare a governare. Per essere eletti i voti si contano. Ma quando poi si governa, i nemici si pesano. Bastano pochi prepotenti per creare gravi ostacoli.

Qualche esempio. Decentrare la contrattazione dei salari, differenziare i trattamenti territoriali, premiare la produttività, adoperare i contratti di lavoro per superare la dicotomia fra precari e inamovibili, evitare gli incidenti di lavoro con presidi locali accurati invece che con parole altisonanti: tutto ciò significa modificare il ruolo dei sindacati, sia dei lavoratori che dei datori di lavoro, riducendo l’influenza dei protagonisti dei grandi tavoli romani, carichi di suggestione e visibilità politica. Protagonisti che verranno ridimensionati anche se le politiche del lavoro saranno decise cercando il consenso più direttamente nel Parlamento e nel Paese e meno nelle estenuanti trattative corporative. Una bella frase del programma dice che per aumentare la produttività del sistema le parti sociali devono «cambiare comportamenti e riformare le regole della loro rappresentanza». Andrà detto ancor più chiaro?

Riformare il mercato finanziario significa urtare gli interessi di chi oggi vi opera con meno capacità, correttezza, trasparenza, ma con più protezioni e influenze lobbistiche. La riforma dell’Università, così come delineata nel programma, è una magnifica rivoluzione: ma significa grandi difficoltà e opposizioni degli atenei e dei professori meno capaci, per non parlare degli studenti cui sono indigeste, per esempio, le «rette fissate liberamente», anche se ben compensate da borse di studio. La liberalizzazione dei servizi pubblici locali significa togliere potere e denaro a enti e gruppi che li gestiscono in modo opaco e inefficiente. Fare riforme che coinvolgono tassisti, camionisti o agricoltori significa predisporsi a resistere alle loro proteste violente e illegali. Che cosa ci assicura che un governo Pd avrà la forza di procedere?

La realizzabilità del suo programma dipende anche da quella delle riforme elettorali e istituzionali che contiene: esse aumentano la forza con cui un governo può vincere la battaglia con i gruppi di interesse. Richiedono però un accordo con Berlusconi il cui programma, quando sarà dettagliato, è comunque cruciale per il destino di quello del Pd. Se pesterà i piedi anche lui (e non solo ai politici concorrenti), non potrà esser molto diverso: le cose da fare, a dirle chiare, son quelle che sono. Converrà allora che i due contendenti ne ribadiscano alcune insieme, prima delle elezioni, rendendo così più credibile l’impegno a farle davvero. Magari, se occorresse, governando per un tratto assieme. Se invece il programma del Pdl sarà altisonante, ma opaco e tranquillizzante, Veltroni avrà due reazioni possibili. Nascondere ancor più che il suo, invece, morde: sarebbe una disastrosa gara al ribasso, magari mascherata dietro i falsi muscoli di un ritorno alle reciproche insolenze. O criticare con didascalica precisione il buonismo dell’avversario, promettendo cooperazione per affrontare con coraggio i tanti, forti scontenti che nascono dalla realizzazione di qualunque buon programma.

franco.bruni@uni-bocconi.it

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mercoledì 27 febbraio 2008

a volte, persino Scalfari ...

Mi capita tanto raramente di essere d' accordo con Scalfari, che "festeggio" pubblicandolo!

Quando Casini fa rima con Ruini
di Eugenio Scalfari
Due settimane fa ho raccontato su questa pagina la barzelletta della mazzafionda per sviluppare, partendo da quella, un ragionamento su alcuni 'tic' che affliggono molti politici e alcuni giornalisti. A giudicare dalle tante lettere che ho ricevuto, i lettori hanno gradito, perciò ne racconterò altre due e su di esse ragionerò.

La prima. La santissima Trinità decide di fare un viaggio sulla terra per vedere come vanno le cose quaggiù. Il Padreterno propone agli altri due di andare a Gerusalemme, culla della cristianità, ma Gesù è perplesso. "Io ci sono già stato una volta - dice - e non mi sono trovato bene". "Hai ragione - ammette il Padreterno - cerchiamo un posto migliore. Potremmo andare a Roma, è una città splendida e ci abita il nostro Vicario. Ci accoglierà benissimo. Andiamo a Roma". "Meravigliosa idea - interviene lo Spirito Santo. Mi fa un gran piacere a andare a Roma perché io non ci sono mai stato".

Forse è un po' dissacratoria ma rende l'idea perché in effetti, dopo due millenni di storia cattolica, a Roma città papale non si può proprio dire che lo Spirito Santo si sia sentito spesso.

Anche la seconda barzelletta riguarda tangenzialmente un analogo argomento. Questa volta il protagonista è Giuliano Ferrara, l'ateo devoto per eccellenza. Il quale è sempre stato credente. Quando era giovane credeva in Stalin e in Togliatti; poi col passar degli anni e delle esperienze credette in Craxi, poi in Berlusconi. Infine, ormai deluso da tutti, ora crede in Dio. È vero, no?

Faccio una prima osservazione: si stanno moltiplicando le barzellette su temi religiosi. Di solito questa forma di satira prende di mira poteri consolidati. Si sono sprecate barzellette e vignette (clandestine) su Mussolini ai tempi del Regime; poi sulla Dc; poi sul Pci e su Berlinguer. Adesso è il turno della Chiesa e dei Vescovi. Evidentemente sono sempre più considerati come un potere mondano più che religioso e per questo vengono messi alla berlina.


L'argomento merita tuttavia una più seria considerazione. Finora la Chiesa e in modo particolare il papa Benedetto XVI hanno occupato con crescente vigore il cosiddetto spazio pubblico, cioè la pubblica manifestazione delle idee e nel caso specifico della dottrina cattolica, della morale e delle implicazioni politiche che questi temi comportano.

La democrazia garantisce, perché questa è la sua essenza, che tutte le opinioni possano esprimersi liberamente e la Chiesa ha utilizzato questo diritto. L'ha utilizzato molto ampiamente: i media italiani sono diventati una vera e propria cassa di risonanza del pensiero della Chiesa, cosa che non accade in questa misura in nessun'altra democrazia occidentale.

Fino a qualche tempo fa tuttavia la Chiesa stava attenta a salvare le forme, agiva sulla politica ma di sbieco, mai direttamente. Dall'avvento di Benedetto XVI tuttavia queste cautele stanno cadendo una ad una. La prima grave interferenza e la violazione palese del principio "date a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio" avvenne in occasione del referendum sulla legge delle fecondazioni assistite, quando l'allora presidente della Cei, Camillo Ruini, predicò l'astensione dal voto facendo così fallire i quesiti referendari. Poi ci fu la vicenda dell'articolo di legge sull'omofobia e la telefonata del segretario della Cei ad una senatrice cattolica di cui i Vescovi si vollero assicurare il voto che infatti fu conforme ai loro desideri nonostante che il governo avesse messo la fiducia su quel passaggio parlamentare.

Nei giorni scorsi le residue cautele sono interamente cadute. Casini, maltrattato politicamente da Berlusconi, è ricorso al consiglio e all'aiuto del cardinale Ruini; quest'ultimo è intervenuto tramite Gianni Letta affinché Berlusconi scendesse a più miti consigli poiché era interesse della Chiesa che nel raggruppamento berlusconiano vi fosse - come finora è stato - il partito cattolico di Casini con il proprio simbolo e la propria autonomia.

Su un altro ma analogo versante Giuliano Ferrara sta promuovendo una lista che abbia come obiettivo la moratoria sull'aborto. La lista rappresenta scopertamente la proiezione elettorale della Cei e il pensiero del Papa che ha pubblicamente ringraziato Ferrara per la sua campagna sulla moratoria. Non si sa se quella lista si farà, i rischi sono più dei vantaggi. Ma se ne parla e la Cei non l'ha sconfessata, anzi.

A me sembra chiaro, vedendo simili dissennatezze, che lo Spirito Santo a Roma non c'è mai venuto.

(15 febbraio 2008) L' Espresso.

Quarto Potere

Stamattina voglio postare, anche qui, un mio commento ad un articolo che ha pubblicato l' amico Maurom, che gestisce l' ottimo blog "Centrodestra".

Benedetto Marcucci scrive:"Nelle prossime settimane sarebbe meglio vedere qualche collega giornalista fare un po’ meglio il suo mestiere, rettificando le balle che racconta Veltroni. Oppure dovremo assistere a una campagna elettorale taroccata, non solo nei programmi, ma anche nella ricostruzione dei fatti? (l'Occidentale)"

Spero si tratti di una domanda retorica perchè, se non lo fosse, l' autore peccherebbe di una ingenuinità ... imbarazzante!

Agli occhi di chi ha già deciso per quale schieramento votare, quel che sostengono gli esponenti dello schieramento avverso è sempre taroccato. Abbiamo visto tutti come i politici, in TV, riescano a litigare persino sui numeri dei bilanci e delle statistiche, contestandoseli a vicenda come se i numeri fossero opinioni e non dati di fatto. Nel caso specifico delle balle di Veltroni sulla durata effettiva dei due governi Berlusconi, dunque, mi pare che Walter-il-buono abbia commesso un peccato veniale rispetto a quello mortale di non tenere conto della realtà che i numeri descrivono.

Una questione molto più importante mi pare, invece, quello della serietà e capacità professionale dei giornalisti che si occupano di politica, sia come cronisti che come opinionisti.

Leggo i giornali da quando avevo 15 anni, cioè da un numero di lustri così elevato che preferisco non specificarlo per non rovinarmi la la giornata, e sono arrivato a capire una cosa: in Italia non esistono e non sono mai esistiti "giornalisti che si occupino di politica", ma solo politici che scrivono sui giornali perchè sono iscritti all' albo e ricevono lo stipendio da un editore, invece che da un partito o da un parlamento.

Questo vale per i mitici Montanelli e Scalfari come per tutti gli altri, di destra, di sinistra e di centro.

Raggiungere questa consapevolezza non è cosa di poco conto, per due motivi:

1°) perchè smonta una delle tante grandi ipocrisie della nostra società e cioè che esista, in Italia, una Stampa Indipendente, cioè capace di fare il "cane da guardia" che difende i cittadini dall' arroganza e dalle bugie dei governanti

2°) perchè spiega, alla grande, l' arretratezza civile, economica, burocratica, fiscale, imprenditoriale, sindacale, politica e (in una sola parola) "culturale" del nostro paese

Tutti ricordiamo che un sistema democratico si regge sulla separatezza di tre poteri (Esecutivo, Legislativo e Giudiziario) ma tutti dimentichiamo che ne esiste un quarto: il cosiddetto Quarto Potere, appunto, quello della Stampa.

La nostra democrazia è "zoppa" proprio perchè si poggia su tre gambe invece che su quattro!

Fra l' altro, è proprio la mancanza della esistenza e della separatezza di questa quarta gamba che favorisce la scarsa separatezza delle altre tre, fra loro.

La commistione dei tre Poteri, nel nostro paese, è evidente a chiunque abbia occhi per vedere ma è negata, sottaciuta, nascosta accuratamente agli occhi dei cittadini, proprio da chi avrebbe il dovere di segnalarla ed indicarla e denunciarla a gran voce, cioè dalla Stampa (dove per Stampa intendo anche la TV, ovviamente).

Dove sono i giornalisti che dovrebbero urlare, tutti i giorni, che il re è nudo? Non ci sono! Il loro posto è usurpato da signori più o meno brillanti che usano i loro giornali per fare politica, cioè per descrivere le malefatte del loro avversario e nascondere quelle del loro sodale.

Dunque, tornando all' articolo di Marcucci che sto commentando, che un finto-giornalista inciti i suoi colleghi finti-giornalisti a fare "bene" il loro lavoro, lo trovo a dir poco ridicolo: lui e i suoi colleghi lo fanno già benissimo, basta sapere che il loro lavoro consiste nel fare politica. Che esercitino il loro mestiere nelle Redazioni dei loro giornali invece che in Parlamento è del tutto insignificante.

PS Lo avete notato, vero, che politici e "giornalisti" si danno TUTTI del tu, fra di loro? Bè, è ovvio: sono colleghi, fanno lo stesso mestiere, vanno a cena e in vacanza assieme, chissà quanti fanno da padrini di battesimo ai rispettivi figli ..... E noi? E noi ci beviamo le loro dichiarazioni di equidistanza, le loro finte inchieste, le loro finte interviste, i loro finti editoriali e, soprattutto, le loro verissime (ma velatissime) indicazioni di voto!

Chi volesse, giustamente, leggere l' articolo in questione clicchi qui.

martedì 26 febbraio 2008

Ettepareva!

Ettepareva che il sondaggio di GfK Eurisko commissionato da Repubblica, addirittura qualche giorno prima, non desse il divario fra PdL e PD a solo 6 punti!
Vabbè , il 15 Aprile sapremo chi, oggi, sta imbrogliando ...

Comunque, in questo stesso sondaggio trovo davvero interessante le risposte al quesito n° 8.
Forse, e dico forse, in queste risposte c'è l' anticipazione (e la spiegazione) della - a mio parere - sicura vittoria di Belusconi.

QUESITO n.8

Domanda : Ora le elencherò una serie di caratteristiche e qualità. Mi può dire per ciascuna, se si adatta di più a Silvio Berlusconi o a Walter Veltroni?.


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http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/




Intenzioni di voto - Sondaggio 23 Febbraio

Sondaggio Politico-Elettorale

INTENZIONI DI VOTO

Pubblicato il 26/2/2008.

Autore:
Euromedia Research (Ghial Media Srl)

Committente/ Acquirente:
Osservatorio Politico Euromedia Research. Diffuso dal TG4

Criteri seguiti per la formazione del campione:
Le interviste sono state effettuate su di un campione stratificato per sesso, età e ampiezza comuni

Metodo di raccolta delle informazioni:
Interviste telefoniche – metodologia C.A.T.I.

Numero delle persone interpellate e universo di riferimento:
1.000 casi a campione, popolazione residente in Italia, di 18 anni e oltre di entrambi i sessi appartenenti a qualsiasi condizione sociale, residenti in famiglie con il telefono (Fonte ISTAT – 2007)

Data in cui è stato realizzato il sondaggio:
Tra il 22/02/2008 ed il 23/02/2008


QUESTIONARIO

QUESITO n.1

Domanda : CAMERA – Se ieri si fossero tenute le elezioni politiche, Lei a quale partito avrebbe dato la Sua preferenza?.

Risposta: Popolo delle Libertà: 40.6% Lega Nord: 5.6% MPA: 0.2% Partito Democratico: 32.9% Di Pietro-Italia dei Valori: 3.5% Sinistra L'Arcobaleno: 7.9% Partito Socialista – PSE: 0.8% UDC: 3.8% La Rosa Bianca: 1.2% Popolari-UdeuR: 0.7% La Destra: 1.2% Partito Comunista dei lavoratori: 0.3% Altri: 1.3%

TOTALE PdL+Lega Nord+MPA----------------------= 46.4%
TOTALE PD+ IdV------------------------------------ = 36.4%

http://www.sondaggipoliticoelettorali.it/

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domenica 24 febbraio 2008

Per cominciare ....

Per iniziare il Blog, mi è parso appropriato pubblicare questo editoriale di Macaluso che pare volermi convincere a non votare per Berlusconi perchè è a capo di un partito di inquisiti e condannati. Argomento indubbiamente forte, tanto più in quanto l' antiberlusconismo si basa anche, ma forse soprattutto, sull' idea che Berlusconi sia un malfattore e, come tale, indegno di ricoprire sia la carica di Primo Ministro, sia quella di Capo della Opposizione.

Per rispettare l' impostazione grafica di questo Blog, pubblicherà la mia risposta alle argomentazioni di Macaluso nella apposita sezione dei "commenti" all' articolo.

La questione giustizia


Liste pulite, io dico che servono
EMANUELE MACALUSO
La decisione del Pd di non candidare persone condannate in primo grado per reati gravi, come quelli connessi con la mafia, la camorra, il terrorismo, la corruzione, la pedofilia ecc. ha sollevato obiezioni non solo dall’Udc e dal partito berlusconiano che rifiutano di adottare codici di comportamento che vanno in questa direzione. Infatti obiezioni sono state avanzate anche da chi ritiene che la norma costituzionale che considera innocente chi non è condannato con sentenza definitiva deve essere rispettata anche per le candidature. Cioè, si dice, la decisione di includere o no una persona nelle liste non si giustifica solo con una sentenza, ma con un giudizio politico-morale di cui i partiti debbono assumersi la responsabilità di fronte agli elettori che giudicano e votano.

La mia personale opinione è che questa questione vada esaminata in rapporto a ciò che oggi sono i partiti, la giustizia, il rapporto tra politica e giustizia. Rapporto di cui ha parlato criticamente anche il Capo dello Stato in una recente riunione del Csm, richiamando il discorso del presidente della Corte di Cassazione in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario. E infine occorre tenere ben presente cos'è oggi la legge elettorale. Parto da qui per dire che l'obiezione cui ho accennato, cioè che sono gli elettori i giudici sul comportamento dei candidati e quindi anche dell'apprezzamento di una sentenza di primo grado eventualmente subita da qualcuno di essi, non può essere invocata. Infatti i parlamentari oggi non sono eletti dai cittadini, i quali possono scegliere solo la lista da votare, ma non il candidato da eleggere.

I parlamentari, di fatto, sono nominati dai capi-partito. Basta il loro giudizio? Non credo, anche perché i candidati condannati sono spesso considerati indispensabili per raggiungere un quorum elettorale o per mantenere il potere all'interno del partito. I casi sono evidenti. L'ex presidente della Regione Cuffaro in Sicilia ha un patrimonio elettorale tale da condizionare tutta l'Udc sul piano nazionale. Bisognerebbe anche fare un'analisi sui metodi che hanno consentito a Cuffaro e ad altri di costruire, negli anni in cui hanno esercitato il potere, quel patrimonio. Insomma, dato che la legge elettorale sottrae all'elettore la possibilità di giudicare il candidato che ha subito una condanna in primo grado, è assurdo che questo potere venga esercitato dal capo partito.

Voglio dire che in questi casi la sentenza, a mio avviso, costituisce l'unico giudizio credibile anche per l'elettore a cui è stato sottratto il diritto di giudicare politicamente e moralmente il candidato. A questo punto dobbiamo chiederci cosa sono oggi i partiti. Ricordiamoci che nel 1919 Sturzo con il partito popolare e Turati con il Psi vollero il sistema proporzionale per contrastare la «malavita» che governava i collegi uninominali. E in effetti i partiti in quegli anni e successivamente dopo la Liberazione furono i centri di formazione di una nuova classe dirigente forte politicamente e moralmente. Abbiamo conosciuto poi un processo degenerativo delle forze politiche, cui si è risposto non con una rigenerazione politica e morale, ma con una campagna contro i partiti e la politica che sono servite solo a darci gli scenari e il personale politico di questi anni.

I fatti ci dicono che i partiti oggi non sono in grado di operare una selezione di classi dirigenti. E il fatto che si invochino codici scritti di comportamento ne è una conferma. Ieri ho letto che l'on. Bondi aderisce ai criteri di cui si parla se non si tratta di «persone condannate per motivi politici». In Italia c'è il tribunale speciale? E chi decide se un processo ha avuto una «torsione politica»? Lo decide Berlusconi? Siamo punto e a capo. A questo proposito debbo fare un'ulteriore osservazione. I magistrati dovrebbero chiedersi perché non c'è oggi nei confronti delle procure e anche dei tribunali, un clima di fiducia. E non si dica che sono le campagne delegittimanti, che pure ci sono state, a creare questo clima. Una riflessione si impone. Ho ricordato le cose dette dal presidente della Cassazione e dal Capo dello Stato, per dire che se vuole dare alle sentenze, anche di primo grado, un valore tale che possa incidere nelle scelte della politica, la magistratura deve essere e apparire assolutamente indipendente. Altrimenti tutto il discorso vacilla.
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