.... si riescono a trovare informazioni politiche corrette persino su La Repubblica! Il che è tutto dire! Si vede che il direttore Ezio Mauro, ogni tanto, si distrae. Dunque, onore a Claudio Tito che è riuscito a fare il giornalista, stavolta.
La Repubblica
10 Aprile 2008
Il leader del Pdl alza i toni: il Pd mi attacca, non possiamo star fermi
Bonaiuti: "Veltroni offende. Vacilla l'idea di dargli una Camera"
Pressing sul Colle del Cavaliere"Non voglio sorprese sull'incarico"
Claudio Tito
"Hanno il Quirinale, hanno il Csm, hanno la Corte costituzionale. Perché dovremmo concedere pure la presidenza di una Camera?". Per mesi Silvio Berlusconi aveva caldeggiato una linea bipartisan per la prossima legislatura. Aveva suggerito di riservare un ramo del Parlamento all'opposizione, aveva esortato ad un dialogo costante per le riforme, aveva spinto per una campagna elettorale all'insegna dell'"understatement".
A tre giorni dal voto, però, ha cambiato registro. I toni sono di nuovo quelli del 2001 e del 2006. E soprattutto ha rimesso al centro dello scontro il profilo politico delle Istituzioni. "Non ce l'ho con Napolitano - spiega ai suoi - ma non può essere che la sinistra abbia il controllo del Paese anche se perde le elezioni". Tanto da derubricare le dimissioni del presidente della Repubblica come un semplice "esempio di scuola".
Eppure al Quirinale l'affondo non è stato interpretato così. Ma come un attacco in piena regola. Come un "mercato inaccettabile". Soprattutto in considerazione del fatto che dopo le urne, il rapporto dei due potrebbe diventare più "istituzionale". E in effetti, anche il leader del Pdl inizia a pensare a quel che potrà accadere a partire da lunedì prossimo. Vuole mettere il confronto con Napolitano sui suoi binari. I sondaggi, infatti, da tempo segnalano un vantaggio del fronte berlusconiano, ma al Senato gli stessi sondaggi non offrono certezze. La maggioranza assoluta non è sicura.
E l'inquilino di Via del Plebiscito inizia a mettere le mani avanti. Vuole far capire che se otterrà la vittoria a Montecitorio e una maggioranza risicata, persino relativa, a Palazzo Madama, il Colle dovrà comunque fare i conti con lui. Se il Pdl conquistasse meno di 158 senatori, infatti, non ci sarebbe la "maggioranza politica".
"Hanno il Quirinale, hanno il Csm, hanno la Corte costituzionale. Perché dovremmo concedere pure la presidenza di una Camera?". Per mesi Silvio Berlusconi aveva caldeggiato una linea bipartisan per la prossima legislatura. Aveva suggerito di riservare un ramo del Parlamento all'opposizione, aveva esortato ad un dialogo costante per le riforme, aveva spinto per una campagna elettorale all'insegna dell'"understatement".
A tre giorni dal voto, però, ha cambiato registro. I toni sono di nuovo quelli del 2001 e del 2006. E soprattutto ha rimesso al centro dello scontro il profilo politico delle Istituzioni. "Non ce l'ho con Napolitano - spiega ai suoi - ma non può essere che la sinistra abbia il controllo del Paese anche se perde le elezioni". Tanto da derubricare le dimissioni del presidente della Repubblica come un semplice "esempio di scuola".
Eppure al Quirinale l'affondo non è stato interpretato così. Ma come un attacco in piena regola. Come un "mercato inaccettabile". Soprattutto in considerazione del fatto che dopo le urne, il rapporto dei due potrebbe diventare più "istituzionale". E in effetti, anche il leader del Pdl inizia a pensare a quel che potrà accadere a partire da lunedì prossimo. Vuole mettere il confronto con Napolitano sui suoi binari. I sondaggi, infatti, da tempo segnalano un vantaggio del fronte berlusconiano, ma al Senato gli stessi sondaggi non offrono certezze. La maggioranza assoluta non è sicura.
E l'inquilino di Via del Plebiscito inizia a mettere le mani avanti. Vuole far capire che se otterrà la vittoria a Montecitorio e una maggioranza risicata, persino relativa, a Palazzo Madama, il Colle dovrà comunque fare i conti con lui. Se il Pdl conquistasse meno di 158 senatori, infatti, non ci sarebbe la "maggioranza politica".
Ma anche in quel caso il Cavaliere tenta fin da ora di allontanare possibili equivoci. Vuole che le scelte siano in ogni caso vincolate alle indicazioni del Popolo delle libertà. Che l'incarico di formare il governo - o anche la decisione di rinunciare - passi per le sue mani.
Insomma, inizia fin da ora il pressing "per non avere dopo sorprese o brutti scherzi". E sebbene anche ieri abbia ripetuto ai suoi fedelissimi che il capo dello Stato è "un'ottima persona con cui non ho mai litigato nemmeno per un minuto", nello stesso tempo non riesce a fidarsi fino in fondo.
Non solo. Proprio perché non ci sono le certezze di una affermazione ampia, anche per la campagna elettorale ha optato, appunto, per un cambio di passo. "Di fronte all'atteggiamento di Veltroni - ha poi spiegato ai suoi fedelissimi - non possiamo rimanere fermi. Non possiamo accettare che ci dia lezioni con quella lettera, che mi attacca sul piano personale". Da giorni ha iniziato a infastidirsi per il tono assunto dal segretario democratico nei comizi. Soprattutto i continui richiami all'età. "Non era quello che avevamo concordato un po' di tempo fa", va ripetendo. "Di fronte al segretario del Pd che usa parole offensive - dice il portavoce del Cavaliere, Paolo Bonaiuti - non può che vacillare pure l'idea di assegnare la presidenza di una Camera alla minoranza. Questa sinistra è stata una delusione. Ci ha dimostrato che non è cambiata".
Tutti elementi, dunque, che hanno rivoluzionato il rush finale verso le urne. E che hanno fatto prevalere le tesi dei "falchi" su quelle delle "colombe". Facendo di fatto saltare le prospettive di un confronto bipartisan nel dopo elezioni. "Anche perché - osserva Piero Testoni - non è pensabile che l'ex sindaco di Roma, con tutto quello che ci dice, possa pure pensare di salvaguardare l'ipotesi di una Camera al Pd". E già, perché a Palazzo Grazioli cominciano a valutare i passi che da qui all'estate dovranno essere compiuti in Parlamento. Tutti i passaggi istituzionali per i vertici dello Stato e la formazione del governo. Ma pure tutte le altre nomine che dovranno essere effettuate. A partire dalla Rai, il cui consiglio di amministrazione è in scadenza, fino ad arrivare all'elezione di un paio di giudici costituzionali. Per di più il Cavaliere, proprio pensando al prossimo futuro, vuole capire chi sarà l'eventuale interlocutore nello schieramento opposto. Se mai si aprirà la necessità di un dialogo, "sarà ancora Veltroni il leader del Pd? Io ancora non lo so".
E allora, è il suo ragionamento, tanto vale spingere sull'acceleratore e tentare di recuperare tutti i voti possibili per conquistare il Senato senza handicap.
Tra le "colombe" di Forza Italia, inoltre, qualcuno fa notare che nelle parole del Cavaliere si conferma un'attenzione speciale verso il Quirinale. L'idea di succedere a Napolitano sul Colle sta diventando una "ossessione".
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il cannocchiale
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