Ci sono cose che, per quanto mi sforzi, non riesco a capire. Una di queste è la polemica sulle preferenze, la mancanza delle quali contribuirebbe a rendere questa legge elettorale una "porcata". I miei ricordi sull' era delle preferenze sono alquanto incerti, nel senso che - personalmente - non me sono mai servito, non ho mai indicato un nome specifico accanto al simbolo del partito che intendevo votare. A me, il capolista andava sempre bene. Ricordo solo quel che scrive oggi anche Geremicca su Repubblica: "Il cosiddetto voto di preferenza fu un fattore decisivo in quel dilagare di corruzione e degenerazione che portò al crollo della Prima Repubblica: fiumi di danaro in manifestini e faccioni, corti di clientes, spese folli da far rientrare con tangenti e finanziamenti illeciti. Mente chi finge di non ricordare". Be', devo rilevare che quelli che mentono sono tutti dalla parte di Geremicca. Ma non importa. Il problema è questo: le preferenze sono un bene o un male? Francamente, non lo so. Provo a farmi illuminare da Geremicca che scrive: "Ma anche così, è evidente, non può più andare. E quel che sorprende, è l’assenza di consapevolezza di quanto la perdurante imposizione non più di semplici candidati ma di eletti, gonfi le vele dell’antipolitica. E contraddica ogni proposito di rinnovamento. Forse nemmeno i leader ne possono più di un sistema così, che alle fine – in fondo - espone soprattutto loro. Ma allora, tra i tanti impegni che vanno assumendo con gli italiani in questa campagna elettorale, ribadiscano magari con più forza che questa legge elettorale la cambieranno, che quello in corso è l’ultimo «mercato». E che lo faranno in fretta, cioè prima di entrare nel solito e incontrollabile clima pre-referendum".
Voi avete capito? Io no!
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