Il limite dell' articolo di Galli della Loggia è proprio questo: elenca una serie di mali che affliggono l' Italia, ma omette di indicarne i responsabili. Perchè questa lacuna? Azzardo una ipotesi: perchè non è "carino" parlare di corda in casa dell' impiccato?
Qualche giorno fa un simpatico blogger di destra si è lamentato accoratamente di essere stato censurato dal blog di Repubblica.it che non gli ha postato un suo intervento nel quale ricordava che Scalfari è stato, in gioventù, fascista e antisemita! Bella pretesa, amico mio! Sarebbe come indignarsi perchè Galli della Loggia non dice a chiare lettere che, scrivendo su e per il giornale dei Padroni del Vapore , non può indicare i responsabili del disastro italiano!
Io non mi indigno, per questo: mi limito a segnalarlo - serenamente - ai miei lettori aggiungendo che questo articolo dice la "verità", ma non "tutta la verità". Considerando la fonte, io dico che possiamo anche accontentarci.
Il Corriere della Sera
Elezioni e luoghi comuni
Operazione Verità
di Ernesto Galli della Loggia
Dovendosi votare tra poche settimane è naturale che tutta l'attenzione del Paese sia in questo momento per i programmi elettorali. Ma l'Italia di oggi, che per molti segni vede giungere al suo termine la stagione politica apertasi nel 1993-94, oltre che di programmi elettorali, o comunque insieme a essi, ha bisogno di qualcosa in più. E tanto maggiormente in quanto questo tempo di elezioni è più che mai tempo di bilanci. L'Italia ha soprattutto bisogno di verità. Ha un gran bisogno che finalmente si squarci il velo di silenzi, di reticenze, spesso di vere e proprie bugie, che per troppo tempo il Paese ha steso sulla sua effettiva realtà, su che cosa è davvero e come funziona la società italiana, a dispetto di quello che racconta il suo senso comune, prigioniero di un ideologicamente corretto cui partecipano tanto la destra che la sinistra.
Quel senso comune che abbiamo costruito noi tutti—e diciamolo pure: a cominciare dai tanti che scrivono sui giornali — quando abbiamo accettato che il discorso pubblico italiano si riempisse di luoghi comuni sempre più menzogneri, di principi dati per scontati ma sempre più inverosimili: il tutto all'insegna di una sovrana noncuranza per come stavano realmente le cose, per il loro vero significato. A lungo, per esempio, ci siamo raccontati che nella scuola o nella pubblica amministrazione la disciplina e la gerarchia non fossero poi così necessarie. Che si può tranquillamente tollerare che cento persone blocchino un'autostrada o una stazione ferroviaria per qualunque ragione ad essi appaia una buona ragione.
Abbiamo accettato voltando la testa dall'altra parte che la magistratura italiana si autogovernasse con criteri di lottizzazione politica spietata, o che in prigione andasse solo chi è povero, o che i reati economici godessero in pratica dell'impunità. Che è normale che le decisioni dell'autorità centrale in materia di pubblica utilità (dai trasporti allo stoccaggio dei rifiuti o delle scorie nucleari) siano vanificate o si prolunghino all’infinito per l'opposizione di qualunque minuscolo Comune. Ci siamo raccontati che erano ottime delle privatizzazioni che invece sono state quasi sempre dei veri e propri regali a interessi particolari. Che le Authority servano a qualcosa, mentre perlopiù sono ridotte a emanare gride manzoniane che lasciano il tempo che trovano.
Ci siamo obbligati a credere che i soldati italiani debbano per forza assolvere missioni cosiddette di pace anche se si trovano in alcuni dei posti più pericolosi e bellicosi della terra. Siamo ancora oggi pronti a scomunicare chi osi dire che l'esistenza delle Regioni si è risolto in un esborso immane di risorse a fronte di risultati modestissimi; così come fingiamo che sia normale un livello di criminalità organizzata come quella che c'è nel Mezzogiorno, e che la cosa possa andare avanti all'infinito. E così via, così via, in un vortice di conformismo pubblico che è ormai diventato una cappa insopportabile. Per rimettersi in moto l'Italia ha bisogno, prima di qualunque programma, di rompere questa cappa. Ha bisogno di una grande operazione verità. Se non la inizieranno i partiti e i loro esponenti, se non la farà la politica, allora sì l'«antipolitica» monterà come un'ondata inarrestabile.
16 marzo 2008
il cannocchiale
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